Alle 5 siamo tutti già pronti. È stata un’alzataccia, ma necessaria: le tappe di oggi saranno San Pedro Sula e poi la frontiera con il Guatemala e se tutto dovesse andare per il verso giusto arriveremo comunque in serata.
Accendiamo i motori, tutti tranne Norbert, questa non ci voleva. Prova e riprova non ne vuole sapere di partire, quella vecchia Honda Transalp 650. Il gruppo è già al cancello del centro NPH mentre Stefano con Marco a spinta cercano di farla partire. A quell’ora già si suda, anche se il meglio deve ancora venire. Norbert è imbarazzato, non sa che dire, e rimarrò ancora più imbarazzato quando scopriamo che aveva il rubinetto della benzina chiuso, ancora una volta e per la terza volta!!
La polizia si fa attendere qualche minuto, ma come arriva ci trova pronti per partire. 36 km e siamo a Tegucigalpa, o Tegus come la chiamano qui, ed alla rotonda sterrata, con un tombino senza coperchio che evito per miracolo, voltiamo a destra per San Pedro Sula. Si viaggia con una ottima temperatura, la strada anche se ha dei notevoli dislivelli è a 4 corsie e si può guidare abbastanza rapidi. La nostra scorta di 2 moto e una macchina non fa molta fatica nel farci strada, a quest’ora non circola praticamente nessuno. Il paesaggio non varia moltissimo: da quando siamo in Centro America, a parte alcune zone del Costa Rica ricche di piantagioni di ananas e banane, la lingua d’asfalto corre nei boschi, più o meno profondi. I villaggi si sviluppano sempre lungo le strade ed i mercati sono ovunque a bordo carreggiata. Percorriamo circa 200 km, effettuiamo un rifornimento prima di fermarci per un avaria al Daily. Il filtro provvisorio che avevamo inserito non ha tenuto, è esploso e la nafta ha lavato praticamente tutto il motore. Non abbiamo altri filtri idonei e non ci rimane che tentare l’attacco diretto, serbatoio a iniettori. Speriamo quindi di non rifornire con gasolio sporco, sarebbe un vero guaio.
Nel frattempo il caldo è tornato fortissimo e giungiamo in San Pedro con quasi 40°. Nella piazza centrale ci attende una responsabile di RETE, la seconda ong che abbiamo sostenuto in questo progetto garantendo cure mediche per un anno nei suoi 5 centri medici ubicati nelle province di Tegus e San Pedro. Il programma prevede quindi una visita ad Ocotillo, a circa 50 minuti da San Pedro però in direzione opposta da dove faremo frontiera con il Guatemala. La responsabile mi informa però che il centro non potrà essere aperto, ricordo che oggi è il giorno di Pasqua, e potrà essere visibile solo dall’esterno. La polizia inoltre ci sconsiglia vivamente di andare, il territorio è in fermento per delle faide tra bandilla e non vorrebbero problemi in aggiunta. Mi consulto con i miei colleghi e decidiamo a malincuore di seguire il consiglio della polizia, collaborare con Interpol significa anche accettare le indicazioni che vengono impartite in materia di sicurezza.
Il programma prevede un incontro con il Capo della Polizia locale e così ci portiamo presso il comando centrale poco distante. La sicurezza in questo posto credetemi fa spavento. Non credo di aver mai visto così tanta gente armata e tutta insieme. La nostra scorta aumenta a circa 20 unità e tutti insieme entriamo nel piccolo ma nuovo comando. Ci attende il capo della polizia criminale che dopo il benvenuto ci fa visitare gli uffici investigativi principali. Anche se è un giorno festivo importante sono tutti al lavoro. La divisione omicidi (due al giorno) ed estorsioni lavorano senza sosta. Sono poco più di due le bande che si fronteggiano per la supremazia nel territorio e si spara senza timore per eliminare l’avversario. L’estorsione degli esercizi commerciali viene invece condotta con una unica modalità: non paghi, ti uccidiamo subito un familiare. Non ci sono mezze misure in Honduras ci è sembrato di capire e la polizia fa quello che può. Come in altri paesi la malavita conta su risorse economiche molto più abbondanti delle istituzioni e non è facile arginare il fenomeno della criminalità anche se in due anni qui a San Pedro sono riusciti a diminuire gli omicidi del 26%. Comunque è un risultato.
Dopo circa un ora arriva a San Pedro il Vice Capo della Polizia da Tegus, Gustav, la stessa persona che ci aveva accolto in frontiera. È venuto in moto e ci ha preparato una sorpresa inaspettata.
Il console onorario italiano di San Pedro ha invece organizzato una conferenza stampa con i maggiori canali TV nazionali dando il massimo risalto alla nostra iniziativa. L’incontro è stato programmato in un tipico ristorante in centro città a due passi dal commissariato. Sulla porta del locale c’è il cartello che indica il divieto di entrare armati e questo sicuramente mi tranquillizza, anche se mi tranquillizza di più la scorta di polizia, di circa 50 persone, schierate tutte intorno al locale. Con noi, oltre agli organi di stampa, ci sono le massime autorità di polizia, dal vice capo nazionale al capo locale con tutti i sub commissari.
Ci piovono decine di domande da parte dei giornalisti che intervistano quasi tutti i membri del gruppo prima di iniziare una graditissima colazione. Al termine il caffè è il nostro, e le caffettiere si alternano sulla macchina del gas fino a quando non hanno preso tutti il loro espresso.
È ora di ripartire anche se è pesante dover indossare casco giacca e guanti dopo un pranzo di questa portata. Gustav è sempre con noi e la sorpresa arriva dopo neanche un km fuori città: il club Harley Davidson di Puerto Barrios, dove pernotteremo in Guatemala, è venuto in Honduras per accompagnarci in questa ultima fase del trasferimento, e non parliamo di 5 o 10 moto, ma di circa un cinquantina e sono arrivati fin qui per noi. Gustav in testa guida il lungo corteo fino alla frontiera. Ci salutiamo calorosamente con i colleghi honduregni che hanno fatto veramente il massimo per rendere il nostro soggiorno il più confortevole possibile, è stata una esperienza che sarà difficile dimenticare.
Le pratiche doganali per uscire sono veloci ed ora eccoci alle prese con quelle del Guatemala per entrare nel paese. Anche qui abbiamo il collega Interpol guatemalteco di riferimento, ma la dogana è dogana ed entriamo nel paese che è già notte. Va segnalata l’importante collaborazione della nostra ambasciata che ha pagato per noi in anticipo, e cioè prima della settimana santa, le tasse d’ingresso, cosa che noi non avremo potuto certo fare. Va segnalato anche che il denaro è stato ovviamente restituito.
Puerto Barrios non dista molto dalla frontiera ma gli imprevisti sono dietro l’angolo ed ecco la moto di Glauco che per la seconda volta di ferma. Batteria scarica oppure ancora il regolatore di tensione?? La priorità è giungere in città e risolviamo al momento il problema collegando la batteria di riserva del Daily all’Africa Twin, sistemandola sulla sella vicino al bauletto. Glauco parte e riprendiamo la strada verso Puerto Barrios. Anche qui abbiamo una scorta importante, a parte i 50 harleysti, costituita dai Lobos, i famigerati poliziotti di pronto intervento motorizzati.
Altra sorpresa si aggiunge alla nostra lunga giornata: siamo attesi nella piazza comunale dal governatore della città. Troviamo un palco ed una folla immensa ad attenderci e come parcheggiamo le nostre moto scatta un lungo applauso. Non immaginavamo di cogliere così tanta attenzione, ma devo dire che della nostra maratona motociclistica da Panama a New York ne parlano davvero tutti.
Saliamo sul palco accolti dal Governatore che dopo un lungo discorso sul popolo del Guatemala e di come si potrebbe uscire dalla crisi del lavoro e della criminalità ci rivolge un cordialissimo saluto valorizzando gli scopi della nostra missione. Poi ci chiama per nome uno alla volta, ed a ogni nome corrisponderà un applauso del pubblico presente. Scambio di doni e piccolo rinfresco organizzato nel palazzo del governo.
Per la notte la sistemazione è presso un centro sportivo: letti a castello in stanze da otto/10 persone. Non sarebbe neanche male se non fosse per l’afa tremenda e le zanzare che ti attaccano in formazione. Gli ultimi ad andare a letto saranno Stefano e Marco, hanno cercato di riparare la moto di Glauco ma senza una nuova batteria sarà difficile capire se sono riusciti o meno.