Siamo pronti. La nottata è trascorsa tranquilla e puntuali cerchiamo ancora una volta di far colazione in albergo, ma gli odori e le pietanze ci tengono fuori dalla porta del ristorante. Quindi non ci rimane che andare al Van e mettere su il caffè, non c’è cosa migliore. I visi sono abbastanza preoccupati, lo strappo di oggi verso Tuotuo prevede due passi di 5000 e 4800 metri e poi l’altezza rimarrà costante sui 4500. Tutti hanno preso la pasticca, eccetto Mehemet, e nessuno ha sintomi dovuti all’altitudine e niente sangue dal naso.
Non abbiamo bisogno di rifornimento, lo abbiamo fatto ieri appena entrati in città con la pratica delle taniche: tutte le moto parcheggiate fuori dal benzinaio e con la latta di benzina si fa il pieno una ad una, ci abbiamo messo una vita.
Salutiamo Santina e Dag e usciamo dall’hotel. Ci sono 5°, non fa molto freddo ma bisogna coprirsi, oggi non si gioca. La statale che porta verso Lhasa è una sola e come la imbocchiamo cominciamo a salire senza pietà. Sono indeciso se tenere acceso il GPS oppure no, non vorrei condizionarmi, ma poi dico “ma si”, vediamo oggi a quanto arriviamo. Check point polizia, da qui entriamo nella regione tibetana. Le montagne altissime che interessano oltre al Tibet il Qinghai e lo Xinjiang sono considerate una divinità per la religione Taoista, ed a vederle c’è da crederci. Percorriamo circa 50 km e già siamo sui 4200 ed arriva subito una brutta news, il Van bianco si spegne mentre è in marcia. Non ci voleva. Ci fermiamo in una stazione di servizio, di fronte ad una campo militare della Croce Rossa (vietato filmare e fotografare) e diamo un’occhiata. Marco fa anche un giro di prova ma non riesce a capire, forse una massa che non fa il suo lavoro, ma individuarla non sarà facile. In aggiunta abbiamo anche il Van blu che perde colpi, per lui forse abbiamo la cura ma vediamo come si comporta in altitudine.
Iniziamo a salire lungo un pendio che sembra arrivare al cielo. Tutt’intorno il paesaggio si alterna tra roccia e sabbia, laghi e fiumi che scorrono in alcuni canyon, da pascoli erbosi a cespugli rinseccololiti ma sullo sfondo ambo i lati svettano maestose quinte di montagne innevate. Al pensiero di doverle valicare mi vengono i brividi, qui sotto i 6000 mslm non c’è nulla, è la catena del Tangula.
In poco tempo siamo già a 4200 metri, la temperatura è a zero e nevica. Si nevica e anche abbondantemente e continuiamo a salire. Questa gigantesca area è completamente militarizzata, ma non potete immaginare come. A queste temperature ed altezze i campi militari si estendono per chilometri, una tendopoli infinita. Ogni tanto vediamo dei carri armati sfrecciare sull’erba a poca distanza da noi, mezzi blindati andare su e giù per la nostra strada e tanti tanti tanti militari. Quelli che possono ci salutano, ci sorridono e noi rispondiamo ad ogni alzata di mano.
Il Van bianco si ferma un altro paio di volte ma Olga è svelta a farlo ripartire. Si continua ad andare su e facciamo una piccola sosta, fa troppo freddo, bisogna indossare dell’altro. Ci controlliamo i visi ed a parte la stanchezza non si registra nulla. Due biscotti e via, non possiamo fermarci, tutta l’area è in mano all’esercito e come ti fermi arrivano jeep e blindati in un attimo.
Smette di nevicare, ma orami siamo pari a stoccafissi. La strada è buona, a parte i camion fuori misura che per superarli devi fare molta attenzione. Ci stiamo avvicinando al passo, siamo a 4800 metri.
Ci fermiamo sulla grande piazzola, ci sono molti turisti che fotografano il momento, alcuni monumenti intitolati a non so chi e poi le tende di bandierine, cioè le preghiere votive dei tibetani e non solo.
Anche noi ci spariamo una serie infinita di foto, e con immensa fatica tiriamo fuori lo striscione, quale occasione migliore?
Si riparte e scendiamo di qualche centinaio di metri. La strada diventa molto dissestata, con le moto vai ma i furgoni devono rallentare. Sosta pranzo, fa freddissimo e nessuno ha appetito, ma qualcosa si deve mandare giù. Ci sono in giro solo un “paio di mal di testa”, ma io credo che sia anche la bassa temperatura unita al clima impietoso.
Via di nuovo, la nostra guida ci sollecita a non perdere tempo, dobbiamo arrivare a Tuotuo prima che faccia buio, ma fatti altri 50 km il Van bianco si spegne ancora e così decidiamo di darci un’occhiata come si deve. Ci fermiamo davanti la bottega di un meccanico, a 4500 metri di altezza, ed apriamo il cofano. Si fatica anche a parlare e cerco di dare una mano a Marco. Si smontano le plastiche del piantone di sterzo per controllare se magari qualche filo non fa bene contatto. Io mi occupo del furgone blu e cambio filtro nafta e filtro aria che ha dentro sabbia in quantità. Si deve lavorare con la massima tranquillità, non si respira.
Marco non riesce a trovare il difetto ma escogita una riparazione che si rivelerà vincente: passa un cavo dal negativo della batteria al motore, in questo modo si bypassa l’eventuale massa “ballerina”.
Riprendiamo la strada ed entrambi i mezzi sembrano guariti e spingono anche quando arriviamo al passo dei 5010 metri, tutto ok. Ci fermiamo anche qui un attimo per la foto di rito, ma qualcuno inizia a dare segni evidenti di stanchezza.
Inizia il fuoristrada, lunghi tratti di sterrato si alternano all’asfalto, ma in moto non ci sono problemi, forse l’unico è che si fatica molto a stare in piedi sulle pedaline, manca l’aria.
Il freddo è sempre più intenso, iniziano a congelare i piedi e così fai del tutto per muovere le dita nel vano tentativo di attivare la circolazione. Ma il freddo non basta, inizia di nuovo a nevicare. Le nuvole sono bassissime, ma più che nuvole è una formazione che copre tutto l’immenso altipiano, non ne usciremo. Mi rassegno e vado avanti, non dovrebbe mancare molto all’arrivo, anche se la kilometrica che mi è stata data dall’operatore non coincide mai con i kilometri effettivamente percorsi. Oltre la neve ci si mettono anche dei camion che per evitare le buche camminano al centro della strada. Vittorio non riesce a passare così per un po’ vado io avanti chiedendo gentilmente ai camionisti di tenere la destra. Ancora lavori in corso interminabili, un poco di fuoristrada fangoso e poi all’improvviso il cielo si apre, le nuvole scompaiono ed il sole fa alzare la temperatura in pochi secondi. Un cambio repentino di tempo così veloce mai l’avevo visto. Eccoci finalmente a Tuotuo, poco più che un villaggio a 4600 mslm. La guest house ha il minimo del comfort, per 220 yuan, ma per come stiamo messi noi è oro. L’acqua della doccia è tiepida e la stanza fredda. Così ci rivestiamo da montagna ed andiamo a cena in una locanda a tre metri dall’hotel. Quello che ci scalderà saranno acqua calda e zuppa bollente, piatto che da questa parti va alla grande. Prima di tornare in camera ci prendiamo la nostra bombola d’ossigeno da tenere sul comodino, non si sa mai.