Mi sveglio più sudato di come sono andato a letto. La sirena di un antifurto di un negozio vicino ha gridato tutta la notte e centinaia di auto smarmittate hanno fatto un via vai continuo fino a notte fonda.
Non c’è tempo per la colazione, la tappa di oggi è molto lunga, quasi 800 km, e con l’Africa zoppa non possiamo fare previsioni positive.
Uscire dalla città non è semplice, ci sono cantieri ovunque e la marcia è a singhiozzi, nonostante il buon lavoro della PF. Sosta benzina, la moto di Glauco non va, fa fatica ad andare avanti, l’erogazione alle basse velocità è discreta ma come si sale di giri è la fine. Stefano si sacrifica e cerca di portare l’Africa a meta.
Soste e stop avaria, così di continuo per centinaia di km. Il morale è sollevato soltanto dai paesaggi circostanti. La foresta si avvicenda a tratti tropicali con numerose piantagioni di ananas e banane. Attraversiamo numerosi fiumi, ponti lunghissimi tagliano una baia dopo l’altra, ma non abbiamo la possibilità di gustarci tutto questo, perché abbiamo sempre il pensiero della moto che non va, che si ferma, che dobbiamo rifornire etc, etc.
I problemi aumentano come iniziamo a salire in quota, ora anche la moto di Norbert, quella vecchia Transalp, si mette a fare la stupida. La moto di Norbert la guida Nina che ad un centro punto, a 2000 metri di altezza, rimane ferma. Viene soccorsa dal gruppo di coda ed al primo rifornimento cerchiamo di fare il punto della situazione. Le moto che danno problemi ora sono due ed hanno bisogno di piloti esperti. Ci sono ancora 200 km per Mexico City e dovremo salire ancora per un po’. Norbert riprende la sua moto, ma non c’è nulla da fare. Procediamo a 50 all’ora, così non arriveremo mai ed in più abbiamo davanti a noi una salita che sembra non avere fine.
Oramai è notte e siamo ancora fermi. Norbert lascia la moto a Giose, che da buon smanettone, riesce ad avere migliori risultati. Stefano segue sempre con l’Africa, ma anche lui è allo stremo, siamo in moto da moltissime ore.
Termina il salitone e Città del Messico si apre davanti ai nostri occhi. È di una grandezza infinita (quasi l’estensione del Lazio), completamente illuminata su una pianura a circa 2500 mslm.
Mi rassereno, siamo vicini ed in più ora è tutta discesa, quello che ci voleva per le due Honda. Scendiamo per circa 20 km e ci immergiamo nel tripudio di luci. La scorta ci guida lentamente nel traffico inteso della periferia. Semafori e bump, camminiamo quasi a passo d’uomo, il traffico ora è un inferno.
Lasciamo la direttrice principale per un quartiere dall’aria poco raccomandabile e poco più avanti ecco il Quartier Generale della Polizia Federale. Sorvegliata in modo eccezionale, la struttura ha dimensioni di un pueblo. Entriamo all’interno dopo avere espletato le formalità; sono le 23.
Non ci teniamo in piedi, oggi è stata veramente dura. I colleghi della PF ci conducono direttamente in mensa per mangiare qualcosa e poi alle nostre camere. La loro organizzazione è invidiabile: hanno tutto, hanno una risposta a tutto.
Dormiamo in tre in stanza da sei, bagno privato ed abbiamo a disposizione anche il servizio lavanderia. Manca il WiFi ma solo per motivi di sicurezza, e per due giorni non moriremo di certo.