Differiamo la partenza alle 9.00 per poter fare la colazione in albergo ma la delusione è tanta: non c’è nulla che si possa mangiare a parte spaghetti, zucchine, ravioli al vapore etc. Decidiamo così di farci un caffè prima di avviarsi per la prossima meta, Minfeng. Tanto traffico, dobbiamo fare benzina: Tony prima di farci entrare in un distributore deve firmare un registro che gli da il guardiano della stazione di servizio e poi riceviamo l’indicazione che le moto non possono fare rifornimento direttamente dalla pompa ma si deve riempire una tanica e con quella rifornire le moto.
Una cosa assurda ma già testata nel 2002 e poi 2011: ci arrendiamo a questa scienza ma dopo qualche minuto l’esercente della pompa rinuncia, le nostre moto all’interno del distributore, con i due furgoni, hanno bloccato tutto il traffico e per mandarci via il più velocemente possibile acconsente a farci rifornire alla “vecchia maniera”.
Per uscire dalla città dobbiamo attraversare un sottovia che ha però una altezza massima di 2,50. L’Iveco blu non passa e così dobbiamo fare retromarcia e cambiare strada: questa manovra ingarbuglia un po’ il traffico già incasinato e nell’operazione la moto di Jordi si spegne e lui cade a terra, per fortuna da quasi fermo e senza subire danni. Nel frattempo arrivano in un lampo decine di poliziotti su due blindati che si arroccano fuori dai mezzi con mitragliatori manganelli e scudi: non sappiamo se per noi o per chi, fatto sta che lasciamo la piazza velocemente.
20 km e siamo in pieno deserto, questa volta più intenso che quello di ieri. Questo tratto è ricco di dune altissime, sono a pochi metri dalla strada ed a protezione dell’asfalto solo kilometriche cannucciate che hanno il compito di fermare “il cammino” del deserto. Si, il deserto cammina ed ad un ritmo anche importante: è un serio problema per le piccole e grandi oasi e questo è l’unico sistema per cercare di rallentare la sua corsa.
Cammelli a destra e a sinistra della mia moto, non sembrano avere nessuno che li curi e sono li a guardare le macchine che passano. Controlli di polizia l’uno dietro l’altro: grandi posti di blocco fermano tutte le auto di passaggio, aprono gli sportelli, cofani e verificano documenti. Noi passiamo indenni, non sono probabilmente interessati agli stranieri anzi, ci sorridono e ci salutano cordialmente.
Gli uffici pubblici e posti di polizia, quelli che hanno la bandiera ed il grande sigillo della Repubblica Popolare Cinese, sono protetti tutti da filo spinato e barre chiodate, telecamere ovunque, l’attenzione qui è ad un livello mai visto.
Lasciamo la fascia di deserto e superiamo una fila di villaggi, ai margini della carreggiata serie interminabile di faggi. Tutto questo verde grazie ad un grande fiume che scorre poco distante che consente nuovamente di lavorare la terra. Questa parte di Cina appare meno depressa, le abitazioni hanno un aspetto migliore ed anche le persone. Tutt’intorno è colorato dalla sabbia del deserto, alberi, case, auto ed anche gli abiti delle persone, non c’è nulla che non sia scolorito dalla polvere e dalla sabbia.
Tutti questi villaggi sono protetti a monte e a valle da varchi controllati da militari, questo è lo Xinjiang. La popolazione è a maggioranza musulmana e Mehmet ad ogni sosta si trova sempre un mucchio di amici. Come poco fa ad una sosta caffè, siamo circondati da decine di persone. Essendo i residente oltre che musulmani anche turcofoni dialogano senza problemi con il nostro compagno di viaggio ed oggi gli viene posta una domanda molto singolare da un venditore di cocomeri che col suo carretto si era fermato a curiosare: “perché tu musulmano vai in viaggio con loro che sono cristiani”? Mehmet gli risponde intonando un versetto del Corano che recita: “io non credo a quello in cui tu credi, tu non credi in quello che io credo, la tua religione è la tua, la mia religione è la mia”. Il venditore insiste per regalarci tre grosse angurie e si ferma con noi per bere il caffè. Tutto questo me lo racconta ora che siamo in albergo, e diventerà un argomento su cui l’intero gruppo di MfP dibatterà a lungo.
Ecco Minfeng, piccolo villaggio a ridosso del deserto. La città è piccolissima ma anche qui esiste un forte concentramento di polizia. Parcheggiamo nel cortile dell’hotel ed ecco che arriva subito un grande blindato della polizia, tipo VTC, che gira e rigira intorno a noi, ci scruta a fondo e poi se ne va.
Vorremmo fare una escursione all’importante museo dell’archeologia della città, ma purtroppo per via delle festività è chiuso, così mangiamo un bel tonno pinna gialla in scatola ed andiamo a farci una doccia, le temperature sono molto alte, praticamente stiamo beneficiando dell’estate mancata.