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©MotoForPeace | Carmine Rubicco, 2018

Sumbe, Porto Amboin e arrivo a Luanda

Che nottata. Io e Marco abbiamo dormito ai lati dell’altare, come due puttini, mentre gli altri un po’ in tenda, un po’ fuori dalla tenda ed altri sulle scale della chiesa, il caldo all’interno era insopportabile.

Colazione veloce, oggi i km saranno meno, forse duecento meno, ma le difficoltà quelle sono e quelle rimangono.

Avremo dormito si e no 4 ore, ma abbiamo ancora tanta energia da vendere e l’obiettivo è sempre Luanda e sempre entro oggi.

Ci vuole poco a capire che sarà un tormento: alle 8.00 del mattino ci sono già 32 gradi con tanto umido e solo dopo qualche km di asfalto siamo già sullo sterrato. A cosa sarebbe servita una doccia??

Diamo manetta, lo sterrato è più compatto e si può tirare, ma il traffico ci impedisce di vedere in modo corretto ed a volte rimaniamo bloccati dietro immensi TIR.

Soste limitate, ma sarà un calvario. Il paesaggio è più arido ed i tratti in fuoristrada ci portano a visitare piccoli villaggi di baracche e capanne. Nelle soste veniamo circondati da bambini tutti rigorosamente scalzi e coperti da indumenti sporchi e laceri.

Arriviamo nel grande centro di Sumbe, dove cambiamo un po’ di valuta e facciamo una sosta pranzo. Al sole la pelle frigge e con la tuta da moto il sudore corre sulla schiena e nei pantaloni come l’acqua di un rubinetto aperto. Continuiamo a salire verso Porto Amboin, un po’ di refrigerio quando lasciamo il mare ma poi a 100 km dall’arrivo siamo di nuovo a 29°, è quasi buio e noi siamo al limite.

Ma come ieri sera anche oggi dobbiamo chiudere la tappa, sapevamo di questi due giorni di stress e andiamo senza indugio. Luis non vede l’unica buca che ci separa da Luanda e ci casca dentro con la sua Tenerè. Un disastro. Cerchioni ammaccati e gomme a terra: non ci perdiamo d’animo e con due martellate riusciamo a far risalire provvisoriamente la pressione del pneumatico posteriore e ripartiamo che è già buio.

Si viaggia con timore per le condizioni stradali, ma qualcuno da lassù ci aiuta e giungiamo a Luanda senza altri inconvenienti.

Andrea, il carabiniere dell’Ambasciata italiana, ci attende in centro città e ci accompagna presso la residenza. Un compendio costituito da piano terra e piano primo per un totale di circa 10 appartamentini molto piccoli. Siamo 17 e ne occupiamo tre, sistemandoci in 3 o 4 per stanza. Sono pulitissimi ed abbiamo anche l’acqua nei bagni. Mancano i letti, ma a quello siamo abituati.

Luanda, da quello che abbiamo potuto osservare entrando in città, non rappresenta minimamente lo stato del paese che al contrario versa in condizioni disperate.