Ieri sera gli amici del motoclub ci hanno terrorizzato descrivendo la strada che oggi ci attende. Buche enormi, asfalto inesistente, banchine cedevoli, camion che si cappottano ogni km, insomma una catastrofe.
Partiamo alle 6.00 e la staffetta della polizia prende verso sud anche se noi dobbiamo andare ad est. Strano penso, ed al primo rifornimento chiedo al poliziotto se quella è la strada giusta mostrandogli la cartina.
Lui risponde di si, tutto ok, mi tranquillizza ed immagino che potrebbe essere una strada alternativa alla tragedia descrittami ieri sera.
Al 90° km però qualcosa non quadra, scendiamo ancora a sud lasciando l’ultima possibilità per Malanje ed è qui che scopriamo che c’è stato un errore, un grosso e banale errore. Non so chi e per come ma la staffetta credeva di accompagnarci…. neanche loro sapevano dove. Così con un’altra auto di scorta facciamo dietrofront e risaliamo verso Luanda: abbiamo perso tre ore e 180 km buttati al vento.
Recuperare non sarà facile anche perché non sappiamo che tipo di strada troveremo. I primi 200 km li digeriamo facilmente ma proprio quando il caldo sale e l’umidità ti rende l’aria irrespirabile iniziamo gli sterrati paralleli alla carreggiata in ricostruzione. La polvere rossa è ovunque e quando veniamo superati od incrociamo un camion si va quasi alla cieca.
Le moto vanno bene ma gli Iveco soffrono molto fino a quando uno dei due rompe il meccanismo della ventola. Non vi dico cosa costa fare una riparazione di questo tipo sotto il sole cocente, solo Marco poteva resistere ad una prova del genere.
Si riparte ma lo sterrato è sempre più duro, tanto di più, e la riparazione dell’Iveco salta in contemporanea con i telaietti della Transalp che guida Davide. Altra sosta per tamponare entrambi le avarie e questa volta in pieno sterrato con una nuvola di polvere alta due metri che non sale e non scende.
Facciamo una breve sosta pranzo alle 16.00, ma siamo cotti, da buttar via. Le tute sono completamente bagnate dal sudore ed impastate dalla polvere rossa del terreno. L’interno dei caschi è ancora peggio ed in più manda un odore nauseabondo, rimetterselo in testa richiede uno sforzo elevato.
Non possiamo mollare, se fa buio siamo fregati. Tiriamo quanto più possibile e ci rendiamo conto che la strada non era poi così male come ci era stata descritta. È quasi buio, anzi è buio, quando Marco mi avvisa che mi sto perdendo lo scarico della mia Africa.
Una breve sosta per trovare ed avvitare nuovi bulloni e ripartiamo con una scorta tripla per percorrere gli ultimi 130 km. La polizia ci fa viaggiare su una strada molto più lunga ma facile, poche buche ed illuminata quasi a giorno dai fari e lampeggianti della carovana.
Sono le 19.00 quando arriviamo a Malanje, dopo aver guidato per 11 ore e 600 km.
Ci accoglie una suora del centro e Don Alfredo, il segretario del Vescovo Benidito Roberto. Ci mostrano dove pernotteremo le due notti previste dal programma: sono aule didattiche molto grandi dove sono già stati posizionati dei materassi a terra. Bagni e docce sono ok, c’è l’acqua, e ne approfittiamo per toglierci dalla pelle la giornata di oggi.
Sul tardi ci viene a fare un breve saluto il Vescovo che ci da appuntamento all’indomani per una visita presso i centri di accoglienza della sua diocesi.