Oggi si entra in Zambia, ci separano dalla frontiera soltanto 300 km, ma ieri sera il giovane sacerdote mi ha dato una notizia non troppo carina, che però non ha trovato conferma nei colleghi della scorta: 16 ore per arrivare al confine, tempo stimato da un suo amico che ha percorso la stessa strada la scorsa settimana.
Incrocio le dita e partiamo, i colleghi mi continuano a rassicurare sulla percorribilità della strada ed in fondo è un itinerario che mi è stato indicato ufficialmente. Io avevo infatti valutato una frontiera molto più a sud, ma mi era stata sconsigliata. I primi 80 km sono perfetti, asfalto liscio e senza una buca, poi arrivano 3 km di sterrato e poi…. il nulla!
Ci troviamo davanti ad un sabbione alto un metro intervallato da fango e da qualche tratto di terra rossa compatta. Non ci voglio credere, non ci posso credere, se la strada è messa così per i 200 km rimanenti non ce la faremo mai. Vado avanti a fatica, ma in moto bene o male si passa. Il primo Iveco, quello più alto, supera la prima duna ma il secondo furgone si blocca con la sabbia fino agli sportelli.
La situazione è tragica e solo con l’aiuto della jeep della polizia riusciamo a tirarlo fuori. Gli otto poliziotti di scorta danno una versione completamente contrastante l’uno dall’altro sulle condizioni dei prossimi kilometri: ha solo due tratti così difficili, è tutta così, solo i primi 100 km, insomma non sappiamo cosa fare. Si decide di andare avanti, ma dopo un altro kilometro la stessa situazione.
Sono circa 3 ore che siamo piantati qui ed abbiamo fatto si e no 10 km. dalla parte opposta della strada si vede arrivare da lontano un auto, la prima di oggi: la fermiamo e chiediamo all’autista quali sono le condizioni reali.
La risposta è scoraggiante: viene dalla frontiera, ha impiegato più di 5 ore con la sua Land Cruiser ed afferma per i nostri furgoni non c’è alcuna speranza di passare. Non indugio oltre, si fa dietrofront e si torna a Luau nella speranza di trovare una soluzione con il capo della polizia locale.
Al comando centrale, con la mappa sul tavolo, si cerca la soluzione più idonea ma la via d’uscita sembra non esistere. Le recenti piogge, abbondanti come raramente accade, hanno cancellato alcune arterie stradali che già non brillavano di eccellenza e tra queste ce ne sono due che avevano il compito di aprire la frontiera ad est.
Un’altra frontiera non ha il ponte sul fiume e l’unica alternativa certa è quella di tornare a sud da dove siamo entrati, Santa Clara. È un brutto colpo al nostro progetto che prevedeva l’attraversamento dello Zambia ma non ci resta altra scelta.
Risaliamo in moto con un caldo bestiale e puntiamo a Saurimo, la speranza è quella di lasciarci alle spalle più kilometri possibili ed arrivare per tempo a Victoria Falls.
Siamo determinati ed è quasi buio quando giungiamo alla diocesi di Saurimo dove pernotteremo.