Missione
Durante le prossime festività Pasquali, i componenti del team, del quale fanno parte agenti della Polizia di Stato, arriveranno a Pec in Kosovo attraverso le seguenti tappe: Roma, Bari, Bar, Petrovac, Titograd, Bioce, Ivangrad, Rozaje, Kula-pass (al confine con il Kosovo), Pec.
Lo scopo del viaggio è consegnare alle autorità preposte un carico di prodotti farmaceutici, alimentari e supporti didattici per la scuola.
La scelta di Pec, come tappa ultima del viaggio, è stata determinata dal fatto che la città, una delle più colpite dagli ultimi eventi bellici, abbia un’urgente necessità di tornare ad un livello minimo di vivibilità. La spedizione conta quindi di contribuire, nei limiti dei mezzi disponibili, a ripristinare una parvenza di normalità di vita per la popolazione di Pec. Inoltre la città e il suo territorio sono sotto il diretto controllo delle forze di polizia italiane che operano nell’ambito della forza multinazionale di pace. Questo permetterà alla missione di interagire al meglio con le autorità locali e di massimizzarne i risultati.
A tal proposito la distribuzione degli aiuti sarà coordinata direttamente dalla Polizia di Stato che individuerà le strutture sanitarie e le famiglie cui destinarli (in uguale misura tra la popolazione serba e kosovara).
I mezzi della spedizione, sono 1 camion Eurocargo (75q.li) messo a disposizione dalla Fiat-Iveco e 5 motociclette.
Il programma del viaggio si articola nelle seguenti tappe:
- 14/4 partenza da Roma. Alle 10.00 circa, al Palazzo Viminale, i componenti del gruppo verranno salutati dal Capo della Polizia. A Cassino verrà fatta una sosta per un saluto ai colleghi della Polizia Stradale che hanno partecipato alla realizzazione del viaggio e per un incontro con l’Abate di Montecassino che darà la sua benedizione alla spedizione, arrivo a Bari e imbarco alle ore 22,00 per Bar;
- 15/4 arrivo a Bar alle ore 07,00; arrivo a Pec con pernottamento;
- 16/4 sosta a Pec con distribuzione del materiale;
- 17/4 partenza da Pec con imbarco a Bar alle ore 22,00 per Bari;
- 18/4 arrivo a Bari alle ore 07,00 e quindi tappa finale fino a Roma.
All’arrivo nei territori oggetto della missione, sarà organizzato un servizio-staffetta a cura delle autorità. Durante il pernottamento a Pec, i mezzi saranno custoditi nel campo militare della K-For.
Ulteriori notizie sul viaggio dì solidarietà di Pasqua 2001 potrà ottenersi, in prossimità della partenza da Roma, sul sito Internet www. sedicinews.it e www. motoforpeace.it.
Hanno contribuito, inoltre, al compimento di questa iniziativa:
- Abate di Montecassino,
- ASSSO Supermercati di Roma,
- AGV
- CE.DI.PA., supermercato in via Prenestina a Roma,
- C.D.I., ingrosso alimentari di Roma,
- Circolo didattico LADISPOLI,
- Distaccamento POLIZIA STRADALE di Cassino,
- ECOFERMET Società di Remo e Silvana,
- ELETTRO MOTOR SKI Racing,
- EUROPETROLI S.p.A. di Roma,
- HENKEL di Frosinone,
- HOTEL EXCELSIOR di Roma,
- LINOSTAR di Frosinone,
- NERONI e PANDOLFI
- POINT S 1° rete europea assistenza pneumatici,
- SACIS, servizi automobilistici,
- Scuola Via Mura dei Francesi di Ciampino,
- S.O.B.E.I. S.r.l., allestimenti auto, Via M: Fani 15, Roma,
- TELEFLORA, in via Adua 2, Roma,
- 3M ITALIA,
- VITTORIA Assicurazioni di Roma.
Kosovo | Racconto di un avventura
E’ il giorno 18 aprile 2001, ore 9.30 circa: è fatta!
Siamo sbarcati a Bari e la nostra è una vittoria, è come se fossimo riusciti a conquistare la nostra Patria anche se eravamo via soltanto da quattro giorni, ci viene quasi da piangere.
Tutto inizia a gennaio quando Enrico e Dino, già protagonisti di Roma-Capo Nord-Roma si incontrano dopo qualche mese dalla precedente iniziativa. Dalle labbra di Enrico echeggia come uno sparo la parola Kosovo e Dino senza pensarci neanche un attimo accetta. Parte così la grande gara di solidarietà che mira a portare a quanti soffrono in quella regione una ventata, anche piccolissima, di sostegno, di aiuto, di fratellanza, di ….. chiamatela voi come meglio credete.
Dalle labbra di Enrico echeggia come uno sparo la parola Kosovo e Dino senza pensarci neanche un attimo accetta.
Non è facile all’inizio trasformare le idee in qualcosa di reale, di concreto. Le persone che vengono contattate ci trasmettono scetticismo scaturito soprattutto dalle esperienze risultate negative in merito ad aiuti umanitari vissute nei balcani.
Non ci lasciamo scoraggiare.
La prima cosa da fare è cercare i mezzi, i camion in particolare.
Riusciamo a contattare il Dr. Signorini, funzionario della Fiat Iveco che dall’inizio da’ fiducia e disponibilità al team anche se si riserva di analizzare meglio i vari aspetti della missione.
C’è chi invece si interessa delle motociclette ed in particolare della Moto Guzzi presso il responsabile del marketing Ing. Ranalli, questi sembra promettere ma non si lascia sfuggire che un “ni”.
Altro punto importante è individuare quale sarà l’itinerario, quale le città del Kosovo e con quale supporto locale.
Si contattano varie associazioni no profit ma niente da fare. La CRI si rivela un aiuto molto complesso, bisogna fare domande, scrivere, telefonate di ore, ci passano da una persona all’altra, insomma niente di fatto.
Uno spiraglio ci viene da Medici senza frontiere di Roma nella persona del Dr. Philiph Bernaux che si impegna a contattare i colleghi che si trovano a Pec, ma non rispondono a nessuna delle e-mail da lui inviate.
Non concludiamo nulla, almeno viene individuata la meta: Pec-Peje.
Nel frattempo si trovano i primi sponsor e si stabilisce cosa portare: alimenti, supporti didattici e se possibile medicinali.
I primi aiuti vengono da Europetroli, dalla Teleflora, da CE.DI.PA. e da una scuola di Ciampino e da una di Ladispoli.
Allora deciso andiamo a Pec, ok, ma da dove?
Si pensa dalla Macedonia via Grecia, ma forse è un percorso troppo lungo. Dopo un’indagine si opta per l’Albania (Durazzo) entrando dalla parte sud-occidentale del Kosovo e questo rimarrà per parecchio tempo l’itinerario ufficiale.
Manca ancora il contatto sul posto e si pensa: “perché non contattiamo i colleghi di stanza a Pec?” Questa è stata la mossa risolutiva. Tramite il nucleo coordinamento per il Kosovo, presso il 1° Reparto Mobile, si riesce a stabilire un contatto che si rivelerà fondamentale: i colleghi sul posto ci consigliano sul da farsi, ci consigliano un nuovo itinerario e ci danno la completa sicurezza che il materiale portato sarà effettivamente consegnato a chi ne ha bisogno.
Il percorso non sarà più dall’Albania, che nel frattempo risente delle nuove schermaglie a nord, al confine con il Kosovo, ma dal Montenegro che quasi nulla ha patito della crudele guerra etnica appena trascorsa, ma solo sulla carta.
Pasqua si avvicina ed in poco tempo si inseriscono altri sponsor che sono dei veri e propri benefattori: la CDI, la EMS, lo studio medico R. Cimitan, la Henkel e la Linostar di Frosinone.
La Iveco ci conferma il camion e la Moto Guzzi, sempre tramite l’Ing. Ranalli, ci conferma, si fa per dire, due moto, forse quattro.
Vengono inviati centinaia di fax, ma la maggior parte dei contattati non rispondono, neanche per un rifiuto. Alcuni perfino ci scoraggiano dicendoci di non portare aiuti all’estero, ma di pensare al nostro Paese che ha molti problemi, parliamo di aziende a 10 zeri. Ma noi imperterriti continuiamo per la nostra strada.
Rispondono positivamente la Ecofermet, Point S1, l’Hotel Excelsior, la 3M Italia, Vittoria Assicurazioni di F. Quaglia, la Assso (che ci fornisce anche di un camion supplementare), la Sobei, la Sacis e in maniera molto energica il distaccamento della Polizia Stradale di Cassino.
A 15 giorni dalla partenza abbiamo quasi 70 q.li di materiale che confezionato da noi si tramuterà in un generoso aiuto per circa 150 famiglie.
A 3 giorni dal via, grazie all’aiuto di alcuni cari amici, vengono stipati i camion dopo aver preparato con cura le diverse scatole (460). I camion vengono chiusi e bollati in dogana a Roma-S.Lorenzo. Siamo pronti, ma la Moto Guzzi, proprio a 3 giorni dalla partenza si tira indietro ed il team è in difficoltà: vengono a mancare le moto e solo la Happy Rent fa un miracolo cedendo due delle sue moto per la missione.
Dopo aver ricevuto una nostra lettera di invito veniamo a conoscenza che il Capo della Polizia, Prefetto Gianni De Gennaro, accetta di salutare i componenti del gruppo ed è un saluto bagnato quello del 14 aprile 2001.
Ci siamo tutti, o quasi, 9 persone (la decima si unirà a noi a Bari), 4 moto e due camion e il materiale per le 150 famiglie. Siamo soddisfatti, orgogliosi di noi, di quello che abbiamo fatto ed il Capo della Polizia ce ne dà conferma.
Il tempo è inclemente: partiamo alle 11.00 circa sotto un acquazzone terribile, e quando arriviamo a Cassino, per un saluto ai colleghi che hanno partecipato a questa gara di solidarietà, siamo completamente bagnati. Ma certo non ci perdiamo d’animo e dopo esserci cambiati, dopo un leggero spuntino, si riparte per Bari.
La situazione climatica non migliora, continua a piovere fino ad Avellino e poi …. poi neve, tantissima fino a 50 km. da Bari. Prova estenuante per tutti, sia per chi viaggia in camion sia per i piloti delle moto e ci si alterna alla guida dei mezzi.
Giungiamo finalmente a Bari in orario, ma la nave che ci deve portare a Bar molla gli ormeggi con più di due ore di ritardo. In nave ceniamo al sacco, con provviste che avevamo portato e fra una battuta e l’altra, si fa tardi e, stanchi come eravamo, decidiamo di andare a dormire nelle nostre cuccette. Il mare è molto grosso e la nave ci dondola in tutte le direzioni: è una nave molto vecchia ed il comfort lascia molto a desiderare, per essere sinceri non ce n’è traccia.
Il mattino successivo ci svegliamo con uno spettacolo meraviglioso: il Montenegro imbiancato da una candida neve che riflette sull’azzurro del mare.
Dopo esserci scambiati gli auguri di Pasqua, facciamo la nostra colazione con caffè e colomba e ci apprestiamo a scendere dalla nave contenti ed emozionati.
Sono le 10.30. Superiamo il controllo dei passaporti senza problemi, in quanto, prima di partire, erano stati richiesti ed ottenuti i visti sui passaporti, ma per i camion e la merce sorgono i primi problemi. Ci viene subito chiesto un milione per l’estensione della carta verde. E va bene. Ma quello che non va bene è che vogliono nuovamente “rispedire” il carico, vale a dire ripetere la stessa operazione fatta già in dogana a Roma. Ciò viola i diritti internazionali in materia di dogana ed anche quelli inerenti agli aiuti umanitari. La Polizia del posto asseconda questi pseudo-spedizionieri e purtroppo, amareggiati ed arrabbiati, ci rendiamo conto di non avere scelta. Nel frattempo si cerca di contattare Roma, possiamo solo ricevere dai nostri telefonini, ma possiamo mandare degli SMS e, quando dopo diverso tempo veniamo contattati dal funzionario di Ambasciata responsabile a Bar, veniamo a conoscenza che: ”Signori, qui purtroppo è così, comunque lo faremo presente”. Sul balzello imposto riusciamo ad usufruire di uno sconto: dal milione richiestoci scendono a 400.000 lire dopo che il doganiere ha tolto i sigilli ai camion, gustato le nostre colombe e ribollato i camion. Tutto questo insieme alla Polizia del posto ed allo spedizioniere, e tutto questo a pochi chilometri da casa nostra. Non capiamo se quello che li ha indispettiti di più sia stato il fatto di essere poliziotti o che portavamo aiuti umanitari ai loro nemici dichiarati, ma in ogni caso c’è stata una violazione ai nostri diritti che ci lascia sconcertati e offesi.
E va bene anche questo.
Da Bar prendiamo la strada verso l’interno, si va subito in quota e quelle montagne ci regalano delle immagini che somigliano a cartoline. I monti imbiancati, quasi a picco sul mare, rendono la nostra passeggiata piacevole nonostante il freddo intenso provochi le prime difficoltà ai motociclisti. Sono già le 15,30 e sulla tabella di marcia siamo in netto ritardo. Limitiamo le soste ai minimi termini, ma la marcia è comunque lentissima complice una strada molto disagiata, pericolosa in alcuni punti, ed un traffico intenso. I limiti di velocità sono ovunque, come ovunque è la Polizia, infatti il controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine dà l’idea di un Paese assediato. In compenso sia le moto che i camion si comportano perfettamente dando molta soddisfazione ai piloti.
Attraversiamo molti Paesi del Montenegro: uno dei più grandi che incontriamo è Petrovac, poi Ivangrad. Al primo impatto non danno una buona impressione, neanche al secondo. Strade dissestate, stabili fatiscenti, negozi inconcepibili. Anche le macchine che circolano fanno capire benissimo la condizione economica della popolazione, come del resto il modo in cui si vestono. I visi sono spesso tristi, si illuminano solamente quando si parla di politica, allora tutti contenti in gruppo con la mano destra alzata facendo il segno tre (pollice, indice e medio) che sta a significare “viva la Serbia”.
Superiamo Ivangrad verso Rozaj ed iniziamo a trovare neve e ghiaccio: i nostri nemici ora sono loro. Per i motociclisti è una prova durissima, si “pattina” spesso, bisogna andare molto piano e con un freddo indescrivibile. I camion invece sono eccezionali: il Fiat Iveco 75 monta gomme super grip, mentre il 110 Iveco viene aiutato dal peso. Sono comunque macchine fantastiche. I motociclisti effettuano spesso delle soste per cambiare i guanti ed il sotto-casco che vengono ogni volta posizionati sulle bocchette d’aria calda dei camion per farli asciugare.
A 40 km. circa da Rozaj una moto perde un faro (lampadina fulminata) e ci sembra troppo rischioso continuare a farla viaggiare così. Decidiamo subito di caricarla su di un camion. All’operazione assistono alcuni poliziotti del posto che incuriositi fanno capannello intorno a noi (e non sono stati i primi, ovunque ci fermassimo venivamo avvicinati dalle persone del posto, toccati e ci veniva chiesto il costo di tutto quello che avevamo, dalle moto alle scarpe piuttosto che i caschi o gli orologi). Ripartiamo intrepidi per Rozaj decisi ad attraversare il passo di Kula in serata: sono circa le 21.00. Ormai buio i motociclisti indossano delle bande rifrangenti con delle luci che lampeggiano ad intermittenza provocando tra i passanti grande stupore. La strada è diventata ancora più difficoltosa, il transito sui ponti in particolare è molto pericoloso in quanto coperti dal gelo, ma i motociclisti non mollano. Ecco Rozaj, sembra un miracolo per tutti, ma è subito in arrivo un’altra sorpresa. Al bivio per Pec, via Kula-pass, le moto non riescono più ad inerpicarsi , è una salita al 15% con tantissimo ghiaccio a terra. Sicuramente siamo arrivati troppo tardi, troppo tempo perso in dogana, sono le 22.30. Con grande delusione decidiamo di caricare le altre 3 moto sui camion e di cercare un posto per dormire, attraverseremo il valico domani, Pasquetta, con il bel tempo …. speriamo.
L’hotel più vicino ci porta, purtroppo, a dover percorrere diversi chilometri a ritroso fino ad Ivangrad. Un albergo, che in Italia non potrebbe essere neanche un ….., ma siamo stanchissimi e non vediamo l’ora di metterci sotto le coperte.
Il mattino seguente, dopo una colazione diciamo abbondante composta da omelette, pane burro e marmellata (fai una buona colazione che te la ritrovi dice un collega), accendiamo il nostro fornello da campo e ci prepariamo un caffè tutto italiano. Questo è senza dubbio uno dei momenti più belli delle nostre giornate.
Prepariamo i bagagli e decidiamo tutti insieme di non far scendere le moto: se al passo ci fosse ancora la neve sarebbe un problema e non possiamo permetterci di perdere altro tempo.
Prendiamo confidenza con i poliziotti di guardia davanti all’hotel e ci sembrano diversi, un poco più socievoli.
Al momento del pagamento alla signora della reception, veniamo a conoscenza che non accettano assolutamente i dollari, ne le lire, solamente marchi tedeschi. Noi, consigliati, probabilmente male, siamo partiti con i dollari e siamo costretti ad accettare l’offerta di un privato cittadino (con nostra remissione) visto che neanche in banca ci cambiano la valuta. Saldiamo in fretta il conto e partiamo spediti. Le condizioni della strada sono migliori rispetto alla sera precedente e giungiamo a Rozaj in poco tempo. Attacchiamo con grinta la salita del valico, tutto ok fino alla frontiera dove troviamo una fila interminabile di auto. Il buon umore ci passa all’improvviso, non pensavamo di dover attendere ancora. Ci viene riferito che un camion è di traverso sulla strada dalla parte kosovara e finché non si ristabilisce la situazione non è possibile continuare. Intanto andiamo al controllo documenti e iniziano altre preoccupazioni: non gradiscono che portiamo aiuti in Kosovo, meno ancora che siamo poliziotti italiani e soprattutto la telecamera che ci viene immediatamente sequestrata. Credono che abbiamo ripreso il “nido con due mitragliatrici ad ore 3 alto”, probabilmente il loro principale obiettivo, ma non è così e, dopo aver visto diverse volte la riproduzione delle immagini, dopo aver fatto una serie infinita di telefonate e dopo esser morti di paura, ci lasciano andare. Anche il camion, che ostacolava la circolazione, si è rimesso in carreggiata e finalmente proseguiamo. Passiamo il confine e veramente non ci sembra vero.
La gioia sfortunatamente sarà breve, infatti dopo circa due chilometri, in terra che noi abbiamo definito “di nessuno”, troviamo, tra mucchi di neve, un altro camion messo di traverso. Rimaniamo fermi poco tempo questa volta, un altro camion lo aggancia e lo tira via. Esultiamo ancora, ma di nuovo solo per un attimo. A 500 metri dal confine kosovaro questa volta un bilico taglia la già strettissima ed innevata strada di montagna. Questo stop durerà 4 ore.
Quattro di noi decidono di raggiungere a piedi il confine (5 km.) dove ad attenderci ci sono i nostri colleghi della Polizia di Stato con i militari italiani KFOR.
E’ stato un abbraccio lunghissimo, ci sentivamo a casa. Ci offrono da bere ed un panino. Una loro squadra va in soccorso ai camion, ma tornerà dopo neanche una mezz’ora ed è tristissimo sentirgli dire: “purtroppo non possiamo fare niente, sono al di là del ponte”.
Dopo aver provato di tutto, per liberare il passaggio ci mettiamo a spalare la neve da sotto le ruote del bilico, mettiamo delle coperte (sparite dopo cinque minuti sotto i nostri occhi) sotto le ruote per cercare di fare attrito, ma niente da fare. La situazione viene risolta fortunatamente da uno svizzero. A bordo di un fuoristrada riesce a tirare via quel bestione. Di nuovo tutti insieme.
La dogana kosovara di Kula-pass ci impone nuovi bolli ai camion, ma questa volta senza nessuna richiesta di pagamento e, scortati dalla Polizia scendiamo a Pec.
Prima sosta alla dogana per togliere i sigilli ai camion, e primo inconveniente. Il doganiere di Pec ci crea dei problemi incredibili per sdoganare la merce non tenendo conto che trattasi di aiuti umanitari e non tenendo conto che la destinazione dei beni è Polizia di Stato-Pec. Non considera neanche la presenza dei poliziotti UNMICK, insomma, vuole il foglio 5 che rilascia la KFOR e basta, anzi addirittura allude che noi potremmo anche trasportare droga. Cerchiamo di rimediare con una dichiarazione del colonnello del nostro esercito che dichiara di prendere in consegna la merce, macché, anzi il doganiere trattiene alcuni passaporti ed i documenti dei camion. Siamo letteralmente sbalorditi. Il foglio 5 sarà pronto per l’indomani ed a noi non rimane che portare i bagagli in albergo ed andare a mangiare con i colleghi che si trovano a Pec che, delusi più di noi, ci fanno da ciceroni tra le brutture di quella città. Ci raccomandano di non parlare, nel ristorante, di etnie, di guerre, di serbi evitando anche di chiedere con la mano “tre caffè”.
La pizza non è eccezionale, ma la fame è davvero tanta, è il primo pasto seduti dopo tre giorni. Tre giorni passati al freddo, in piedi o stipati nei camion (6 sul 110 e 4 sul 75). A letto cadiamo immediatamente nel sonno, ma con la preoccupazione di riuscire o no nel nostro intento.
Al mattino l’incontro con i colleghi che devono portarci questo benedetto foglio 5 è per le 9.00, ma riusciamo in realtà ad averlo solo per le 11,30. A quanto pare non eravamo una priorità.
Si torna in dogana, il foglio 5 c’è ma ….., passaporti e documenti sono spariti.
Ci sembra di vivere un film. Siamo curiosi di sapere quale sentimenti animano queste persone per comportarsi in modo così inqualificabile. Ma bisogna subire a denti stretti ed i documenti escono fuori dopo circa due ore. A questo punto ci rendiamo conto che la consegna capillare, famiglia per famiglia, è da escludere perché occorre l’intera giornata e noi la sera abbiamo la nave. Potremmo fermarci un altro giorno, ma la nave la sera dopo non c’è. Potremmo fermarci altri due giorni, ma i soldi sono insufficienti, ce li hanno tolti con tasse e balzelli vari e ancora non sappiamo come sarà al ritorno.
Comunque all’interno della nostra brigata militare opera una sezione molto seria deputata alla distribuzione degli aiuti. Due crocerossine, definite dai militari due carabiniere, provvederanno alla consegna del materiale a quelle persone che ci attendevano già dal giorno prima e che, per colpa dei loro fratellastri montenegrini, non abbiamo potuto raggiungere. Scarichiamo in fretta i camion con l’aiuto dei militari che sono molto contenti di vederci (e di vedere delle donne italiane) e consumiamo dei panini offerta dal cuoco della loro mensa.
Ma la fretta è spesso portatrice di inconvenienti tanto che andiamo a ripartire con il “110” senza accorgerci di aver dimenticato a terra i piedini stabilizzatori … che guaio. Un piedino si piega e non rientra nella propria sede. Vediamo la nave partire senza di noi. Ma ancora una volta la Provvidenza ci viene in soccorso: quando non sapevamo cosa fare, un militare meccanico ci risolve momentaneamente il problema tagliando, con una sega circolare, il piedino. Salutati tutti i ragazzi che ci avevano aiutato montiamo sui camion e partiamo in “gran carriera”.
I colleghi poliziotti ci scortano fino al check-point italiano e riusciamo a passare il valico in un attimo. Alla frontiera montenegrina questa volta siamo fortunati: un poliziotto riconosce lo stemma della Polizia Stradale che abbiamo sui camion e, il caso ha voluto che quel poliziotto aveva fatto l’anno precedente, almeno a suo dire, un corso di specializzazione presso la scuola della Polstrada di Cesena. Questo è stato un lasciapassare che ci ha permesso di avere un controllo giusto in un tempo giusto.
Scendiamo come fulmini a Rozaj e nuovamente ad Ivangrad, i camion sono sempre precisi e puntuali alle nostre aspettative.
Un sorpasso ci sottopone ad un altro controllo della polizia del luogo, ma è tutto ok, la nave diventava sempre più una realtà.
Facciamo uno spuntino veloce e rifornimento ai mezzi. Arriviamo a Bar che è già buio accompagnati da una fitta nebbia. Ma sono le 21.00 e siamo in perfetto orario.
Pensavamo che dopo i 10 marchi a camion, pagati appena scesi da Kula-pass ad un tizio con un camice bianco (transito dei mezzi su gomma piuma imbevuta pensiamo di disinfettante per l’afta epizootica), i taglieggiamenti fossero finiti, ma evidentemente eravamo troppo ottimisti, avremmo ancora dovuto pagare:
Per parcheggiare nell’area dogana (24 marchi),
Una somma a camion per la spedizione (si fa presente che i camion ormai erano vuoti) la cui cifra è scesa notevolmente come ci siamo “incazzati”,
Una tassa per camion secondo: la lunghezza (pagamento a metro), il peso (pagamento a chilo).
Questa volta li abbiamo mandati “a quel paese” ed abbiamo pagato solo la spedizione dei mezzi vuoti nonostante avessimo già il biglietto saldato in agenzia.
Riusciamo finalmente ad imbarcarci, direzione C A S A.
Sulla nave, questa volta, decidiamo di concederci il lusso di cenare al ristorante, che in realtà è una sorta di mensa, pagando con gli ultimi soldi rimasti.
Giungiamo a Bari con un paio di ore di ritardo e, fatta dogana (che bello senza pagare nulla), ci avviamo a Cassino dove l’Abate ci attende per salutarci. Mettiamo a terra le moto, che sono in condizioni a dir poco da far pietà (sporche, il sale ha già attaccato le parti in ferro, le catene secche) e torniamo a provare il piacere di quell’aria dolce, di quei profumi tipici di casa nostra.
A Cassino l’Abate vuole sapere tutto della nostra avventura e anche lui rimane amareggiato e dispiaciuto. Al momento di congedarci dall’Abbazia di Montecassino ci accorgiamo che una delle moto ha la gomma bucata. Dobbiamo nuovamente caricare la moto sul camion per giungere a Roma. Ci aspetterà qualcos’altro? Fortunatamente no. E’ finita, siamo riusciti nel nostro intento e, anche se ci hanno ostacolato in tutti i modi possibili, abbiamo portato a termine la missione.
Nei momenti difficili ci ha aiutato molto l’essere uniti, la nostra coscienza ed il nostro equilibrio ha (con grande difficoltà) prevalso su quanti hanno cercato di farci perdere la retta via.
Lo rifaremo? Sicuramente mai più in Kosovo, ma se la nostra passione per le moto può ancora essere unita alla voglia di solidarietà SI, saremo felici di vivere un’altra avventura.
In questo racconto è stata volutamente tralasciata la realtà di Pec, in quanto ci sarebbe veramente molto da dire, ma non ci è sembrato opportuno, in questo contesto, parlare di una città dove, solo per citare qualcosa , le donne vengono considerate meno di niente (persino in caso di malattia, in alcune strutture sanitarie, non viene effettuata, nei limiti del possibile, l’anestesia, perché, secondo la loro mentalità, dal momento che riescono a sopportare il dolore del parto, possono sopportare anche alcuni tipi di intervento); dove viene incentivato, con una retribuzione di 300 marchi tedeschi (equivalente allo stipendio di un poliziotto), l’uso del velo; dove per la strada si incontrano numerosissimi nastri rossi che stanno a delimitare zone pericolose perché minate, dove si trova un cimitero in ogni giardino.
Un grazie da parte di tutto il team a coloro che hanno consentito di trasformare in realtà un nostro desiderio, a chi ha reso possibile questa impresa e un grazie in anticipo a chi vorrà aiutarci a compierne altre.
In particolare vogliamo ricordare:
- Don ANGELO ODDI
- Franca CAPOMASI
- Enrico D’IPPOLITI
- Salvatore LAGROTTERIA
- Patrizia SORBILLI
- Francesco STEFANELLI
- I funzionari della Polizia di Stato a Pec: dott. Salvatore ROSSI – dott,Giorgio BUTINI – dott. Paolo CESTRA, e gli agenti Marco NAPOLITANO e Alessio ZUCCARINI
- Comandante della Polizia Stradale di Cassino Isp.C. Roberto DONATELLI
- Valter ANGELINI