I boliviani ci gridano: untori!

La situazione inizia ad essere molto pesante.
La notte non si dorme, il respiro è affannato, si contano i minuti, i secondi. Alle 6.00 del mattino già siamo tutti in piedi e sono i pasti che cadenzano il tempo. Non abbiamo notizie per la nostra partenza, a parte la nota di “essere pronti”. Ma essere pronti per cosa?

L’aria fuori dal seminario si fa sempre più pesante, i locali ci guardano male, ci credono gli untori dei pochi casi di coronavirus in città. Alcuni ci insultano, altri ci dicono di andare a casa nostra, altri ancora evitano di incrociarci sul marciapiede cambiando strada.

Non sappiamo più a chi rivolgerci per avere una risposta ed intanto iniziano a piovere messaggi dai nostri amici e sostenitori in Italia. Si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica circa la nostra situazione, in fondo sono dieci giorni che siamo qui senza avere alcuna previsione.

Aumentano i casi di coronavirus a La Paz e viene decretata l’emergenza sanitaria. Si esce solo dalle 8.00 alle 13.00 con un sistema tipo targhe alterne: si guardano gli ultimi numeri sul passaporto ed in base ai pari ed ai dispari puoi uscire il lunedì, martedì etc… sabato e domenica tutti a casa.

Numerose pattuglie della polizia fermano chi non è in regola e la pena sono 8 ore di prigione. Credo che sia tempo di andare via.

Un articolo sulla Kronos che parla della nostra condizione, forse è anche questa la molla che ha fatto scattare il semaforo verde per andare via da questo posto. C’è un aereo comunitario che parte sabato mattina per Santa Cruz, poi da li a Parigi e da Parigi a Roma. Ma ancora non sappiamo i costi e se c’è spazio per l’intero team. Intanto riesco a far inserire nella nostra lista Celestino, come lasciarlo da solo a La Paz!

Ancora telefonate, ancora mail. Ci dicono che sarà difficile per noi riuscire a prendere il primo volo comunitario, forse mercoledì prossimo. Ricadiamo nell’oblio ma dopo un’altra ora di nuovo la luce ”si, potete partire”. La spesa non sarà indolore: 261$ per La Paz, 550 € per Parigi ed altri 150 fino a Roma. Ma se vogliamo andare via è così. Il volo è stato messo in piedi dalla Francia e non ci sono altre soluzioni, anzi, più si attende più la situazione potrebbe farsi complicata.

Con noi prenderanno il volo altri 6 connazionali: non sappiamo chi sono, ma per facilitargli il trasferimento in aeroporto sabato mattina proponiamo all’ambasciatore di trasferirli per una notte presso il seminario dove alloggiamo per poi andare insieme a El Alto con dei mezzi che saranno messi a disposizione da Padre Pablo e dalla Polizia.

Dopo cena raccogliamo quanto richiesto in bolivar e dollari e ci prepariamo ad una altra notte insonne, forse l’ultima.
Speriamo!