Alle 7.00 siamo di nuovo in sella. Siamo sulla strada del ritorno e se tutto va bene oggi dovremo raggiungere Huambo.
Ma mai fare i conti senza l’oste! La strada per Dondo che poi tira a sud è pessima, e questo lo avevamo dimenticato, senza contare che una deviazione per lavori in corso ci costa più di 100 km.
Sterratoni e asfalto bucato ovunque sono un must in questo paese. Alla guida non ti puoi distrarre un solo attimo: facile percorrere km di buon strada e trovarti all’improvviso davanti ad una buca alta un metro, se la prendi sei finito. È normale vedere in corrispondenza di questi burraco auto cappottate, incidentate, incendiate, squarciate… insomma un vero cimitero di vetture è seminato lungo il nostro percorso.
La polizia ci da una mano nel scegliere la rotta migliore. La loro presenza non è quasi mai discreta ed il loro numero varia in base alle regioni. Non riesco a comprendere bene questo impiego di uomini e mezzi in un territorio apparentemente tranquillo, ma quando vedi due jeep con anche 20 persone a bordo armate di tutto punto qualche domanda te la fai.
Il cielo è scuro, minaccia pioggia e noi siamo li su una via parallela di terra rossa che sembra non finire mai. Il terreno è compatto ma ha piovuto di recente ed in alcuni punti si sono formati dei strati fangosi, se dovesse piovere nuovamente ci troveremo in una brutta situazione. In questo paese basta un forte acquazzone per cambiare forma e colore al territorio.
Siamo a Dondo e cominciamo la nostra discesa verso Huambo. Sosta benzina e piccola colazione e con l’occasione diamo uno sguardo ai motori degli Iveco. Il più piccolo ha bevuto un altro litro d’acqua e questo non è buon segno. Marco controlla il radiatore e si accorge di una perdita, che facciamo??? Consiglio l’acquisto di un turafalle, abbiamo si il ricambio ma la sostituzione porterebbe via una mezza giornata. Così Marco si allontana per andare a cercare un autoricambi e torna poco dopo con liquido refrigerante e pozione magica.
Si riparte e questa volta la via sembra migliorare con lunghissimi tratti di asfalto buono intervallato raramente dai burraco. Siamo a quasi 1400 metri di altezza, l’aria è molto più fresca e la morsa dell’umido ci ha lasciato. Ma le ore corrono più di noi e alle 16.00 siamo a Quibuto. La prossima città è a più di 150 km, il tramonto è tra un ora e per questo decidiamo di pernottare, Huambo è troppo lontana.
Siamo ospiti dalle suore Francescane a due kilometri dall’abitato. Ci sistemiamo in tenda sotto il portico delle loro abitazioni ed a cena le sorelle sono nostre ospiti. Sono entrambe messicane ed il parroco è brasiliano.
Una delle sorelle accetta di raccontarci il suo passato: durante il conflitto è stata sequestrata per tre mesi dai guerriglieri, una vicenda dai contorni oscuri che fatica non poco a rivelare davanti la telecamera di Gabriele.